Siamo stanche, frustrate, insoddisfatte e piene di sensi di colpa… ben lontane dall’angelo del focolare che ci ostiniamo ad interpretare. Questo è emerso da un’analisi di Marketing Antropologico commissionata dall’Associazione BusinessMum a Intribe.
L’analisi è stata fatta a maggio 2014, su oltre 2.250 conversazioni online inerenti il tema “Conciliazione famiglia/lavoro“, tenute principalmente da donne che si dividono tra casa e lavoro. Ovvero: sono stati analizzati centinaia di focus group spontanei ed i dati emersi hanno fatto profondamente riflettere l’associazione, che ha deciso di divulgare i dati solo adesso. Ve ne riportiamo uno stralcio.

Albero antropologico dell’universo discorsivo delle mamme, in merito a conciliazione lavoro/famiglia
CONVIVERE CON IL SENSO DI COLPA
Il primo dato rilevante che emerge è che i discorsi online delle mamme lavoratrici si sviluppano attorno alle questioni burocratiche legate alla maternità, al licenziamento post maternità, alla gestione del tempo famiglia/lavoro e al senso di colpa ad esso legato. Molte di noi, infatti, vengono accusate abbandonare i figli e di avere altre priorità… e se non ci accusano: lo facciamo da sole!
Il paradosso è che sul lavoro ci accusano di avere altre priorità e lo stesso avviene anche a casa. Di conseguenza, se sei mamma e lavori, ti senti sempre e comunque inadeguata.

I sensi di colpa sono evidenti anche nelle discussioni, dove la parola COLPA è una di quelle più utilizzate
COSA CI FA SENTIRE INADEGUATE?
Fattori socio culturali:
- la donna deve occuparsi da sola dell’accudimento dei figli e delle faccende
- domestiche anche quando svolge un lavoro fuori casa
- le ambizioni femminili di carriera sono percepite come un’intemperanza giovanile che prima o poi cederà alla vocazione materna
- esistenza di pregiudizi e stereotipi sulle donne in carriera
- scarsa considerazione delle competenze delle donne
- scarso riconoscimento delle cariche ricoperte dalle donne
- presenza di un modello maschile prevalente
Fattori organizzativi nel mondo del lavoro:
- la carriera e il successo sono possibili ma a prezzo di sacrifici e della capacità di dimostrare che i problemi al di fuori del lavoro sono gestiti e risolti perfettamente
- per il datore di lavoro la maternità è un increscioso problema
- chiusura dell’ambiente maschile
- inadeguatezza degli orari
- rigidità nell’organizzazione del lavoro
- insufficiente capacità di gestire i trasferimenti di lavoro
- scarsa considerazione dei problemi delle donne
LE 5 SFUMATURE DELLE MAMME LAVORATRICI
La persistenza di modelli che fissano a livello culturale il ruolo della madre, ha inciso e continua ad incidere sulle modalità della partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Ancora oggi una madre che lavora deve scontrarsi con stereotipi derivanti da una tradizione millenaria e fortemente radicata, che sollecita la donna alla dipendenza, alla remissività e alla capacità di prendersi cura degli altri.
Questi valori (retaggio di una cultura centrata sulla figura della donna come angelo del focolare) dettano le modalità di divisione sociale del lavoro tra uomo e donna, il livello di condivisione del lavoro domestico e la possibilità/modalità di accedere a determinate posizioni in ambito pubblico e lavorativo.
Il risultato di tutto ciò è che la condizione delle mamme lavoratrici è stata segnata pesantemente dall’idea che la donna, in quanto tale, possieda ancora un’unica natura specifica (legata alla corporeità e alla sua potenzialità riproduttiva) che ne determina il modo d’essere. La donna, al contrario dell’uomo, non è definita in base alle sue attitudini di persona, ma a partire dalla sua identità biologica che è sinonimo di disuguaglianza e di inferiorità.
I PASSI DEL CAMBIAMENTO CULTURALE
Sembrano dati retrogradi e riferiti a trent’anni fa, invece sono assolutamente attuali e, cosa che ha sorpreso molto, nessuna mamma è esente da queste sfumature: salvo rare eccezioni ci sentiamo in colpa, stanche, sopraffatte.
Quindi?
Come uscire da questa forte ghettizzazione culturale?
L’analisi di Marketing Antropologico ha evidenziato il percorso culturale che la società (ma in primis noi mamme) deve fare: assodato che siamo delle brave mamme, dobbiamo necessariamente compiere dei passi per riuscire a diventare delle mamme realizzate, quindi non solo focalizate sulla famiglia o sulla carriera, ma in grado di conciliare questi due aspetti della nostra vita. Questo cambiamento sociale passa necessariamente dall’essere consapevoli dei sacrifici che dobbiamo sostenere e dei sensi di colpa che ci attanagliano, perché amiamo la nostra famiglia, ma amiamo anche il nostro lavoro.
E’ compito di noi mamme lavoratrici dimostrare che è possibile far convivere lo status di mamma e quello di donna contemporaneamente, che è normale che si provino certe sensazioni e, soprattutto, che le mamme in carriera non devono essere viste (in primis da tutte le altre madri) come un cattivo esempio. Per essere accettate dobbiamo accettarci per ciò che siamo.
Cosa ne pensate?
Io mi sono ritrovata molto in queste contraddizioni e difficoltà. Non parliamo poi dei sensi di colpa…!
Non siamo noi che dobbbiamo acrobaticamente ‘conciliare’, ma è l’organizzazione del lavoro che deve cambiare. Il lavoro/i lavori sono stati concepiti e organizzati a partire da un punto di vista maschile: noi dobbiamo portare con forza un altro punto di vista, il nostro punto di vista. Dobbiamo far capire e affermare che “lavoro” non è solo quello che dà un salario, ma tutto il lavoro necessario per vivere (dalla cura e la crescita dei bambini, alla cura degli anziani e dei malati, alla gestione della casa, la preprazione del cibo, ecc., ecc.). E questo concetto di lavoro va assunto da tutti, anche dai maschi dentro e fuori i luoghi di lavoro. Dunque, d’accordissimo che il senso di colpa va superato, anzi bandito: è solo nocivo e non produce alcun cambiamento. Anzi mi meraviglio che sia così diffuso tra le giovani madri quando noi, donne un po’ più avanti negli anni, ci siamo tanto battute per affermare la legittimità delle nostre aspirazionie e dei nostri desideri. Il senso di colpa si supera attraverso la presa di coscienza e uscendo dalla solitudine, non solo virtualmente con qualche messaggio on line, ma stabilendo effettivi rapporti tra donne, scambiando pensieri e sensazioni e cercando insieme risposte. E, se necessario, aprendo conflitti.
Ciao Silvia,
questa analisi l’abbiamo guardata in lungo e in largo prima di pubblicarne i risultati, per essere certi che i dati fossero pertinenti.
Ti rispondo ad ogni cosa: ci aspettiamo sempre che lo Stato, le organizzazioni, le aziende cambino… ma lo Stato, le organizzazioni… siamo noi. Siamo noi che possiamo e dobbiamo cambiare le cose, basta delegarle agli altri.
Fai una differenza tra le giovani madri e le madri del passato… in realtà non è così. Dall’indagine emerge che noi, infondo, il senso di colpa lo abbiamo. E’ un retaggio culturale duro a morire, ma meno forte nelle giovani.
Parli di “messaggio online”… non è ciò che è stato analizzato.
Le analisi sono state fatte sui thread, ovvero sulle conversazioni online, tipo quella che stiamo tenendo io e te, a partire dal post che ho scritto. La nostra interazione è reale, esattamente come quella che potremmo avere incontrandoci, sentendoci al telefono o scrivendoci una mail. Ciò che facciamo online non è qualcosa di distaccato dalla nostra vita quotidiana, bensì parte di essa. La nostra vita si svolge anche online e non perché siamo soli e non sappiamo gestire i rapporti, bensì perché anche li continuano i nostri rapporti, i nostri racconti, le nostre chiacchierate.
In conclusione… una cosa inaspettata: leggendo i thread abbiamo scoperto che le prime a discriminare le donne sul lavoro sono… le donne!
Il problema è nostro, ancora prima che degli uomini.
Ciao Mirna, complimenti per l’interessantissimo articolo!
Ciò che dici è vero ma credo che le mamme debbano non solo cambiare il loro modo di pensare ma anche riuscire a trarre profitto dalle situazioni cui vanno incontro. Nel mio caso, al ritorno al lavoro dopo la maternità, mi sono scontrata contro tutte le problematiche che hai descritto (e sono state soprattutto le colleghe non-mamme a farmi sentire inadeguata) ma questo è stato però anche lo stimolo a reagire. Con la seconda gravidanza ho approfittato dei tempo concesso per formarmi e mi sono reinventata un lavoro sfruttando il mondo di internet, dei social e la rete delle mamme come me.
Oggi lavoro (più di prima) ma con una grandissima soddisfazione e invito tutte le mamme che vivono in un ambiente lavorativo non amico, a fare lo stesso.
Un abbraccio e ancora complimenti!
Beatrice
Grazie Beatrice!
Hai agito in perfetto spirito “BusinessMum”! 🙂
Questo blog è bellissimo!
Volevo consigliarvi questo altro blog che parla di diritti delle persone, è molto interessante
https://dirittideicittadini.wordpress.com/
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[…] nata con la voglia di sondare il senso di inadeguatezza delle mamme italiane, perché infondo siamo tutto, tranne che lo stereotipo dell’angelo del focolare. Nel leggere il libro di Letizia Verri ho ritrovato le aspettative e le frustrazioni delle mamme, […]